Sunday, December 18, 2016

Of Salt and Cinnamon

Si chiude la porta dietro alle spalle, assicurandosi di non fare rumore. La serratura scatta con un ticchettio lievissimo, dopo il quale espira, appoggiandosi contro l'uscio pesante solo la stanchezza. L'appartamento è piccolo e buio. Il ticchettio sul pavimento tradisce il fatto che Stroke è libero, fuori dalla gabbia. Vede il coniglio mettere il musetto fuori dalla camera da letto e controllare chi sia. Nei giorni passati l'animale ha imparato a stare lontano dal medico, concentrando tutto il suo amore su Austin e dedicando a lui solo una sfiducia guardinga, la stessa con cui torna zompettando verso il loro letto. Dormono ancora sul materasso posato a terra. Lui cammina fino alla porta della camera, affacciandosi nell'oscurità e scorgendo il profilo del corpo di Austin sotto le coperte. Il respiro lento e ritmico di chi dorme profondamente. Stroke si arrampica ad accovacciarsi vicino a lui. L'immagine gli strappa l'ombra di un sorriso lontano, distante. Che si spegne un attimo dopo, disperso nel filo dei suoi pensieri. Senza fare rumore, si scosta, tornando in cucina e accendendo la luce. Ha gli abiti inzuppati di sangue. La camicia strappata da un pezzo di legno che gli resta conficcato nella carne del fianco. In silenzio, si lava le mani nel lavandino della cucina, prima di recuperare ago e filo, garze e disinfettanti, un paio di pinze.
Il primo pezzo di legno che estrae causa un fiotto di sangue sul tavolo della cucina, gli strappa un gemito sordo che ingoia a stento, per poi bloccarsi e sollevare un'occhiata verso la porta della camera da letto. Nulla. Austin dorme ancora. Proseguiamo. 
Mentre cerca di ricucirsi, ingoiando galloni di saliva secca e imprecazioni, la sua mente viaggia, sulle ali violente della concentrazione.
Un fiotto di rabbia gli sale in gola al ricordo delle manette di Parker. "Ti porto a registrarti, con le buone o con le cattive. A te la scelta" ha detto al ragazzino.
Per un attimo, contempla cosa sarebbe successo se fosse stato lui a sentirselo dire. L'idea lo raggela. Le conseguenze, gli buttano in corpo una furia brutale e un'angoscia profonda. La consapevolezza che avrebbe scelto la seconda opzione si fa strada nella sua mente come un serpente, con un orgoglio che lo lascia atterrito. 

La cucina è piena di sangue. Pulisce con cura, dopo che ha finito un lavoro pietoso e impreciso, imperfetto, che non dura più di dodici ore.


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Andrà tutto bene.
Andrà tutto bene, Sweetheart.

Austin va a fuoco e il fine settimana ci ha lasciati in ginocchio. E' andato a ripescarlo in un vicolo, terrorizzato e ripiegato su se stesso. 
La vita cambia velocemente, di questi tempi. Suo padre telefona per sapere come sta andando il trasferimento. Quando accetta la chiamata, sta ancora pulendo carbonella, sta fissando il ragazzino che vive in casa sua fissare nel vuoto dopo aver dato fuoco ai propri vestiti. 
"Aspetta, vado nell'altra stanza."
"Allora? Come vanno le cose? Hai visto la partita ieri?"
La partita. Si è dimenticato della partita. 
"...Ahm, no. Ero di turno."
Mente. 
"Oh. Ah, hai trovato un nuovo lavoro? In che ospedale? Aspetta, lo dico a tua madre. Angela! Ross ha trovato lavoro! Si, si, sta già facendo i doppi turni, scommetto. Come sempre. Non ti stai stancando troppo, no? Comunque, non voglio rovinarti la sorpresa allora, ma voglio solo dirti: ..Kenneth, nel secondo tempo. Un touch down che passerà alla storia."
La voce di suo padre gli arriva per la prima volta come una doccia fredda, mentre fissa l'appartamentino di China Town in cui vivono, il coniglio che corre in giro e prova a scuotere Austin.
Stroke si lascia scappare un paio di cacchette nere vicino al divano. Non dice nulla, ma di colpo realizza di aver perso il filo di quello che sta dicendo suo padre.
"..Quindi non lo so, lo sai come sono fatti Barbara e Roger. Non capisco mai di che cosa stanno parlando, quando iniziano con quelle scemenze sui cani. Ogni week end con questi cazzo di cani. Tu lo sai cosa sono i Chow Chow?"
"..No."
"Visto? Nemmeno io. Insomma, in che ospedale lavori?"

Austin in salotto apre le mani, due fiamme le avvolgono.
"Papà devo andare adesso. In casa mia c'è la guerra."
"Che guerra?"
"Il frigo fa dei rumori strani."
"Va bene, ci sentiamo nei prossimi giorni. Stammi bene, ok? E buon Natale."

La ferita gli si è riaperta, il sangue macchia i vestiti come un abbraccio caldo.

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