Wednesday, November 30, 2016

Dal languore alle fiamme

Ross Kelly non è un uomo che si spaventa facilmente. In 34 anni di vita, non ricorda molti momenti in cui abbia provato del vero terrore. Angoscia, molta. Quella si. Dolore. Rabbia. Ma paura, quella selvatica, immediata e profonda, l'ha provata raramente.
Se la ricorda, come una fiammella incerta, annidata da qualche parte in un ricordo che continua a tormentarlo e a sfuggirgli. Un momento che ha sognato ogni notte, nelle ultime notti.
Impalpabile ma inevitabile. Il rumore delle ruote che stridono nel buio, la strada illuminata dai fari. Una luce accecante, forse quella degli abbaglianti che incendiano un cartello stradale. E poi lamiere. La macchina si ribalta su stessa. Una, due, tre volte. Atterra in un clangore orrendo come una carcassa di ferro, che muore senza contorcersi. I vetri che esplodono e il metallo dilaniato. Il fuoco. Un incidente di cui nessuno gli ha mai raccontato molto, che lui ha sempre considerato la ragione per cui gli Stati Uniti d'America si sono presi carico di un neonato irlandese e l'hanno rovinato progressivamente a spese dei contribuenti. Ma come si possibile che quelle immagini si siano marchiate a fuoco nel cervello di un bambino di un anno al massimo.. Sono reali o sono solo un incubo? Perchè se fossero reali c'è da chiedersi come sia possibile che un neonato sia sopravvissuto ad uno schianto cosí violento. Eppure, il volto di sua madre non lo ricorda. Nè di suo padre. Non un dito, non un polso. Non un tessuto, un vestito. Solo la luce accecante. 


Si sveglia di colpo. Un balzo del cuore, il busto che si solleva di scatto come se avesse una molla nella schiena. E' madido di sudore, come molte altre notti. A tentoni, allunga una mano accanto a sè, a cercare Austin dal sonno pesante. Non lo trova. Il letto è vuoto, le dita affondano in lenzuola intonse. Forse il ragazzo è fuori a ballare. Tanto meglio. Eppure, non ci mette molto a capire che qualcosa di diverso c'è. Il cuore. Il suo cuore, nel petto, è pesante come pietra. Espanso, gonfio, ha la sensazione che gli riempia tutto lo sterno. Ansima, fatica a respirare. Una mano si aggrappa alla pelle, in cerca del proprio battito. Si sforza di mantenere la calma, ma la sente scivolare su per la spina dorsale, in gola, dopo molti anni. Paura.
Cristallina. Inconsapevole. 
Le dita si affannano verso una lampada, verso il comodino. Cercano l'interruttore. Il bulbo si accende, spande una luce fioca nel piccolo appartamento. Non fosse cosí affannato, forse noterebbe che è più fioca del solito. 
I piedi scivolano a terra, ma il terreno gli manca sotto i piedi, le ginocchia cedono. Si trova a carponi, con un gemito.
E' allora che ha sentito la sua voce. Come una mano invisibile che lo tiene schiacciato a terra, prono, chino e atterrito come un cane da caccia. E' una voce profonda. Sembra venire dal basso, non dall'alto. Dalle viscere della terra.

"Calmati. Non ti agitare in questo modo. Ti stanchi."

Lentamente, solleva la testa, gli occhi. Ma di fronte a quello che vedono, la mente pratica del dottor Kelly viene abbattuta, prende lo scivolone più violento della sua intera vita. La sua razionalità viene abbattuta a bastonate dalla visione che si trova di fronte. 
In mezzo al loft, una creatura che non saprebbe descrivere facilmente sta in piedi, ad osservarlo. E' alto. Molto più alto di qualsiasi umano abbia mai visto. Forse perchè lo guarda dal basso, ancora prono sulle ginocchia, gli sembra cosí alto da sfiorare il soffitto. Ma non può esserne certo, perchè nonostante la creatura sia luminosa di una luminescenza violenta, intensa, sembra di fatto assorbire tutta la luce attorno a sè, lasciando il resto dello spazio avvolto in un'oscurità naturale. Forse succhia la luce dal mondo e la ributta fuori attraverso sè stesso. La creatura ha sembianze umane, seppur sia difficile dirlo con certezza. Il corpo è snello ed elegante, allungato. Avvolto in quelli che sembrano tessuti candidi, e gioielli di un materiale inconsistente. Sul capo ha calato un mantello, un cappuccio. Un tessuto bianco, che non gli copre il volto ma che vi casta un'ombra che impedisce a Ross di scorgerne dei lineamenti precisi. Intravede la linea della mandibola. Ma la sensazione brulicante che gli sale con un brivido nella schiena, è che la creatura potrebbe essere bellissima e orrenda allo stesso tempo. 
E' atterrito. Non riesce ad emettere parola. La creatura si muove verso di lui, ma non fa alcun rumore. Non cammina, fluttua a pochi millimetri da terra.

"Ross. E' il momento che ti alzi."

Non ricorda di aver ubbidito a quel comando, eppure un momento dopo è in piedi, come per magia. Come se una parte della sua volontà fosse assoggettata. 

"Finalmente. Ho aspettato.. Ah. Ho perso il conto del tempo. Per me scorre molto diversamente. Ma l'ultima volta che siamo stati cosí vicini eri in fasce."

Il rumore delle ruote che stridono nel buio, la strada illuminata dai fari. Una luce accecante, forse quella degli abbaglianti che incendiano un cartello stradale.

La testa gli si fa pesante. Gira. Le vertigini gli ribaltano lo stomaco. Si piega su se stesso e vomita, cercando un appiglio. La creatura non sembra badarci.

"E' normale. Il tuo corpo deve abituarsi. Sarà doloroso, ma ti ho preparato più che ho potuto, negli anni. Mi addolora non avertelo potuto rivelare, ma doveva arrivare il momento giusto. Non un attimo prima, non un momento dopo."

"Chi.. Che cosa sei."

La creatura piega il capo. Nel pozzo di buio del suo sguardo, avvolto dall'oscurità e dalla luce allo stesso tempo, Ross riesce a scorgere uno scintillio, come una costellazione. L'aria si smuove, mentre una brezza fresca lo colpisce delicatamente sul volto, rinfrescandolo dal sudore e dalla stanchezza.

"La tua gente mi ha dato molti nomi, nel tempo."

"Dimmene uno."

"Samael."

Samael. La testa gli si indebolisce dietro il collo, Si sforza di tenerla dritta. Apre la bocca per chiedere qualcosa, ma non riesce a comprendere se faccia una domanda o no. Le labbra si smuovono secche, senza risultato. Eppure, Samael risponde come se lui avesse urlato.

"Voglio te."

Due parole che esplodono nel silenzio, prima che una fitta di dolore lancinante gli squassi lo stomaco. La mente. Forse gli squassa qualcosa ancora più a fondo. Il midollo. Un milione di aghi che gli flagellano la carne. Una fitta lancinante che gli strappa un grido strozzato. E poi il nulla. Ha serrato gli occhi. Quando li riapre, l'appartamento si estende ai suoi piedi come un regno di ombra. Un calore sconosciuto, mai sentito prima, gli scorre nelle vene. Una sensazione ineffabile, non diversa dalla leggerezza che si prova stando immersi sott'acqua, ma in cui ogni filamento del suo corpo sembra in grado di allungarsi e sfiorare qualsiasi angolo della stanza. qualsiasi angolo del mondo. Forse, è diventato la stanza stessa. In modo ancora più incomprensibile, la sua mente sembra diventare malleabile. Flessibile. Una sostanza sconosciuta che gli scivola nel cranio con un compendio di informazioni millenarie e incomprensibili, eppure chiare e limpide con la chiara limpidezza delle istruzioni elementari. La voce di Samael parla di nuovo, ma questa volta sembra arrivare dall'interno del suo cranio.

"Ci vorrà un pò di tempo perchè tu capisca fino in fondo. Ma devi fidarti di me. All'inizio farai fatica, poi ogni cosa avrà senso. Ogni cosa andrà al suo posto. Sei mio, lo sei sempre stato. Da molto prima che la tua mente baluginasse per la prima volta sulla Terra, pregustavo il momento in cui saremmo stati riuniti. Ed è finalmente arrivato."

Sono le ultime parole di cui riesce ad avere coscienza, prima che il buio lo avvolga. Un buio talmente profondo da fargli pensare per un istante senza tempo di essere morto. Poi, il buio diventa troppo fitto anche per la sua coscienza.


Quando riapre gli occhi, è mattino. La luce fredda del sole invernale filtra dalle finestre. E' sdraiato a terra, ai piedi del letto. La mano sale al viso, la passa pesante per cercare un contatto con la propria pelle, assicurarsi che esista ancora. Il corpo gli fa male. I muscoli sono indolenziti come dopo una lunga corsa. Come dopo una lotta. Si ribalta sul fianco, convinto, mano a mano, di aver fatto l'incubo più confuso che abbia mai fatto in vita sua ed essere caduto dal letto. Ma quando solleva gli occhi sull'appartamento.. La sua razionalità viene abbattuta a bastonate per la seconda volta. Lo spazio intorno a lui sembra aver attraversato una devastazione degna di un uragano. Piatti, bicchieri, elettrodomestici, lampade, ogni singolo oggetto giace frantumato in un mare di cocci, come se qualcuno in preda ad una furia disumana avesse sfogato ogni briciolo di energia in corpo sui mobili e sulle suppellettili della casa.
Una casa non sua. Si solleva in piedi, le labbra sfiancate dall'incomprensione. 
In piedi, in mezzo ad una distruzione assoluta e brutale.


His smile fair as spring, as towards him he draws you;
His tongue sharp and silvery as he implores you.
Your wishes he grants, as he swears to adore you,
Gold, silver, jewels - he lays riches before you.
Dues need be repaid and he will come for you
All to reclaim, no smile to console you.
He'll snare you in bonds, eyes glowing afire
To gore and torment you till the stars expire.

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